La presa di posizione delle multinazionali contro la guerra e la sua declinazione in comunicazione
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a una vera e propria fuga di grandi multinazionali e brand del lusso dalla Russia, come segno di protesta e di solidarietà al popolo ucraino.
Non inganniamoci, vi sono motivazioni economiche dietro a questa scelta, legate alla crisi della supply chain e a un possibile scontento dei consumatori, e in molti casi sembra di assistere a un vero e proprio “social washing”: pensiamo a Inditex, holding che possiede catene di fast fashion come Bershka e Stradivarius, che prende posizione in favore dei diritti umani, quando è la prima a venire denunciata per le costanti violazioni dei diritti dei propri lavoratori.
Eppure, tra emotività e scelte controverse, rimane fondamentale un punto: prendere posizione è importante, è necessario. Di fronte a un crimine contro l’umanità come quello che sta portando avanti Vladimir Putin, non si può rimanere indifferenti. Bisogna condannare le atrocità e l’insensatezza di questa guerra: lo sappiamo noi, privati cittadini, e lo sanno le imprese.
Attualmente, l’unico modo per costringere la Russia a trattare, è quello di continuare a imporre sanzioni importanti e di isolare il paese dal resto dell’economia mondiale. Molti marchi hanno infatti interrotto da settimane la propria attività sul territorio russo e le multinazionali hanno fermato le esportazioni dei propri prodotti verso Mosca.
Praticamente tutti i settori sono coinvolti in questo esodo dalla Russia: per fare solo alcuni esempi, nel settore dei trasporti si contano Ford, Mercedes, Toyota, BMW e Harley-Davidson; per quanto riguarda i colossi dello streaming e della tecnologia, hanno chiuso le proprie filiali Apple, Spotify, Google e Netflix. Nel settore dell’abbigliamento, si sono ritirate dalla Russia catene di fast fashion come H&M, ma anche brand luxury, come il gruppo LVMH, Prada e Moncler, che hanno sospeso le proprie attività sul territorio del Cremlino. I marchi del lusso sono anche stati i primi a reagire a quello che stava avvenendo, dal momento che l’invasione è iniziata a cavallo fra la Fashion Week di Milano e di Parigi.
Una reazione collaterale ma altrettanto importante che si cerca di ottenere è sicuramente quella di creare malcontento tra i consumatori russi, che si vedono negati servizi e prodotti che davano per scontati nella propria quotidianità: pensiamo all’effetto che ha avuto la chiusura delle sedi di McDonald’s sulle abitudini alimentari della fascia sociale meno abbiente.
Brand inclusi in questo articolo: Inditex, Bershka, Stradivarius, Ford, Mercedes, Toyota, BMW, Harley-Davidson, Spotify, Google, Netflix, LVMH, Prada, Moncler, McDonald’s, Chanel.
Vediamo ora una delle notizie degli ultimi giorni rispetto a un brand che ha colpito l’immaginario collettivo: alcune influencer russe, come protesta rispetto alla decisione di Chanel di non vendere temporaneamente i propri prodotti in Russia, hanno fatto a pezzi le borse della maison di fronte a milioni di follower sulle proprie piattaforme social. Le influencer e cantanti in questione denunciano a gran voce la “russofobia” del marchio francese, sentendosi ingiustamente discriminate: hanno lanciato l’hashtag #byebyechanel su tutti i social, ricevendo consensi ma anche parecchie critiche. Yana Rudkovskaya, produttrice musicale, ha dichiarato che “è uno shock per una donna che da vent’anni compra Chanel e Chanel Haute Couture, e che alle loro sfilate siede in prima fila”: viene da chiedersi quale sia questo straordinario shock e che reazione avrebbe se un esercito straniero invadesse la sua nazione e bombardasse la sua città.
La stampa estera si rende conto che in Russia la censura regna sovrana e che le notizie che arrivano dall’Ucraina vengono manipolate o fatte passare dal Cremlino come fake news, ma davvero queste persone vivono un così forte distacco dalla realtà? Ci rendiamo conto di quanto i consumatori possano essere fedeli e affezionati a un brand, ma manca completamente il pensiero critico in essi?
Proprio per proteste come questa ci pare tanto più importante la presa di posizione dei marchi come Chanel. Un’influencer russa ha scritto sulla propria pagina Instagram che possedere una Chanel non vale lo svendere la propria madrepatria: pare però che i brand che abbandonano la Russia non vogliano svendere la propria umanità.
Noi di Golden Eggs non possiamo fare altro che supportare la scelta di questi marchi e condannare fermamente la guerra russa in Ucraina, e speriamo che la presa di posizione dei brand sia d’aiuto nel trattare la pace.